Come Scegliere il Telaio di una Bici

I telai delle biciclette e le MTB dei nostri giorni hanno alle spalle una storia di prove e tentativi che partono dalla Francia della metà del 1700. L’antenato del telaio dei nostri giorni era costituito da un asse di legno che collegava due ruote di 70 centimetri di legno. Si trattava del celerifero, il cavallo a due ruote. Non aveva pedali ed il mezzo doveva essere spinto con le gambe. La ruota anteriore non aveva lo sterzo e per cambiare direzione il conducente doveva fermarsi e cambiare l’orientamento di tutto il mezzo. Il celerifero di De Sivrac – tuttavia – non ebbe particolare successo e per una evoluzione del telaio bisognerà attendere il 1816, quando Karl Drais presentò dei telai simile ma più evoluto al Congresso di Vienna. Si trattava della “draisina”. Realizzata – nelle sue prime versioni – ancora in legno, la draisina aggiungeva al suo antenato una sella ed una ruota anteriore dotata di sterzo: la draisina diventava perciò più comoda e facile da maneggiare. Malgrado il suo inventore l’avesse concepita come mezzo di trasporto, la draisina venne utilizzata principalmente come “giocattolo” o “cavallo da divertimento” e non riscosse particolare successo né in Germania, né in Francia dove l’inventore provò a distribuirla. Una evoluzione dei telai si ebbe in Inghilterra, dove vennero applicate varie modifiche: dall’uso del ferro come materiale per il telaio, all’adozione di rudimentali sospensioni, alla miglioria della sterzata. Per avere un ulteriore evoluzione si dovette aspettare la morte dell’inventore. L’inglese McMillan aggiunse ai telai un meccanismo a leve in grado di agire sulla ruota posteriore. Qualche anno più tardi fu il giovane meccanico francese Michaux ad apportare importanti modifiche al telaio di una draisina malconcia: al posto dei poggiapiedi pensati per la discesa, utilizzò dei pedali fissati al mozzo della ruota anteriore ed invento un vero e proprio sellino per la comodità del guidatore. Questa rudimentale bicicletta rimaneva tuttavia un gioco per pochi visto il suo costo ed il suo peso decisamente elevato.

I telai dal legno al ferro
Da quel momento in poi – tuttavia – l’evoluzione del telaio e della bici in genere fu velocissimo. A Parigi venne introdotto l’uso di tubi di ferro per la costruzione dei telai: questo ne migliorava la resistenza e alleggeriva di molto tutto il mezzo. Lo stesso Meyer pensò alla creazione di cerchi in ferro cavi, per permettere il montaggio di gomme piene. Poco dopo Suriray riuscì ad applicare dei cuscinetti a sfera nei mozzi delle ruote e sui pedali, mentre in Inghilterra venivano realizzate le prime selle in cuoio simili a quelle dei nostri giorni.

Telai dalle grandi ruote
L’evoluzione del telaio continuò in questo senso per un po’ di tempo. In Inghilterra la dimensione della ruota anteriore cominciava ad aumentare a dismisura (fino ad arrivare a oltre un metro e mezzo di diametro) mentre la posteriore diminuiva: i telai venivano adeguati di conseguenza. Viste le condizioni delle strade dei tempi, non asfaltate, la ruota di grandi dimensioni permetteva di superare buche e di raggiungere velocità maggiori. Pedalare a tale distanza da terra – tuttavia – era piuttosto pericoloso e le cadute dovute al fondo stradale dei tempi potevano risultare fatali. A quei tempi il biciclo era diffuso solo tra l’aristocrazia e la nuova classe borghese, considerato come un gioco per pochi e – nelle versioni più estreme – per i più audaci. Intorno al 1870 venne inventata la trasmissione a catena, il cui utilizzo cominciò – tuttavia – almeno una decina di anni dopo.

I telai Made in Italy
Verso la fine del 1800, i velocipedi in Europa erano circa un milione, ma fu proprio un Italiano a dare un ulteriore spinta alla forma ed alla costruzione del telaio a diamante. Il suo nome era Edoardo Bianchi, cresciuto in orfanotrofio, che nella sua piccola officina si dedicò alla costruzione di velocipedi di alta qualità introducendo l’uso del moderno pneumatico. Dopo aver costruito una bicicletta di 11 Kg per la Regina Margherita la fama del prodotto di Bianchi diventò tale che fu necessario costruire una catena di montaggio. In quegli anni Edoardo incontrò Giovanni Tomaselli: dalla collaborazione si generarono numerose innovazioni nei telai che permisero a Tomaselli di vincere la famosa “Bois de Vincennes” nel 1899, aprendo alle biciclette italiane la via maestra per l’Europa.

Telai dotati di cambio
Sempre in Italia nasce un’altra importante innovazione nella tecnologia ciclistica. Nel 1907 nasce Giovanni Mari, in un epoca in cui la bicicletta era nota come “cavallo di ferro” ed in cui era diventata ormai l’unico mezzo di locomozione a disposizione delle persone. Mari si ingegnò per rendere la bicicletta più veloce ed agile nelle strade dell’epoca e con il passare del tempo inventò il cambio a deragliatore chiamato prima “Transalpino” e poi “Montagnolo”, per richiamare l’allora cambio a leve “Campagnolo”.
Con il passare del tempo vennero ideati e costruiti sempre migliori telai per bicicletta: i telai adatti all’uso cittadino diventarono col tempo più snelli e resistenti; i telai dedicati al lavoro ed al trasporto si fecero sempre più pratici e tecnologici. I telai dedicati allo sport passarono attraverso una evoluzione sia nei materiali, sia nelle forme, influenzando notevolmente l’intera società con la nascita di nuove attività sportive e la diffusione di nuovi passatempi.
Con l’evolversi delle nuove opportunità tecnologiche per la lavorazione dei metalli – e non solo -, l’acciaio utilizzato per la costruzione di telai per MTB e bici da corsa lasciò mano a mano il posto all’alluminio, più resistente e più facile da lavorare. Nel giro di breve tempo, l’invenzione della fibra di carbonio rese possibile la costruzione di un tipo di telaio ancora più leggero e resistente, in grado di assorbire le vibrazioni del terreno e – dunque – estremamente più comodi. Più rari – ma ancora in produzione – sono i telai in titanio ed in legno.

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